giovedì 30 agosto 2012

Alla ricerca delle origini. Venissa: quando non te l'aspetti, il passato ritorna. 1° parte



Chi pensa che Venezia sia solo una città d'arte gremita da turisti di tutto il mondo, non sa che la laguna che l'abbraccia, accoglie sparsi un po' ovunque innumerevoli isolotti: alcuni abitati, altri solo paludosi che emergono e scompaiono a seconda dell'intensità delle maree.




La storia della Serenissima inizia proprio da questi e dalla fiumana delle invasioni barbariche che hanno caratterizzato il VI secolo.
Unni e Longobardi, portando rovina e terrore, misero in fuga le popolazioni della costa, che trovarono riparo nel rifugio naturale offerto dall'arcipelago paludoso.
La gente di Altino occupò la parte della laguna nord con Torcello (la capitale), Burano, Mazzorbo e Murano e, attraverso opere di bonifica e costruzioni, iniziarono a dar senso ad un paesaggio che fino a quel momento aveva avuto solo un aspetto spettrale.
Sul suolo umido e fertile furono piantati giardini, orti e vigne. Da lì iniziò l'attività agricola che ancor oggi, assieme alle isole di Sant'Erasmo (attualmente presidio Slow Food per la "castraùra", il famoso carciofo violetto) e delle Vignole, è ancora molto attiva.
Ed è proprio a Torcello che Gianluca Bisol si trovava dieci anni fa.
Assieme ad un cliente americano visitava la Basilica. Affascinato dalla bellezza ed incuriosito dalla particolarità dell'ambiente circostante, Bisol scorse nel giardino della signora Nicoletta alcune viti che crescevano selvaggiamente, intersecate a piante ornamentali e fiori.
Parlando con la proprietaria, venne a conoscenza di una vigna sconosciuta: la Dorona.
Che uva sarà mai la Dorona? - Si chiese. I suoi acini erano il colore dell'oro e i suoi grappoli scottavano sotto il sole cocente, nonostante la copertura del folto fogliame.






Non risultava nessuna informazione a riguardo, quasi non fosse mai esistita prima di quel momento. Non c'era traccia neanche in nessun registro. Eppure era proprio il padre della Signora Nicoletta che la coltivava con molta cura da sempre! Doveva avere sicuramente una sua storia!
Scoprì quindi, dopo accurate ricerche con esperti, che si trattava di un vitigno autoctono molto antico, impiegato per la produzione di un vino tanto amato dai Dogi veneziani.
Iniziò il lavoro di recupero delle vigne in giro per le isole. Riuscì a raccoglierne delle altre e a trapiantarle.






La prima vendemmia, nel 2010, ha dato 4880 bottiglie da mezzo litro, 88 Magnum e 88 Jeroboam.
Si tratta di un vino bianco prodotto con il metodo della vinificazione in rosso, detta più propriamente vinificazione con macerazione. Le bucce rimangono nel mosto fermentante per un periodo di tempo di 30 giorni in botti di vetroceramica ad una temperatura di 18°/19°C. L'affinamento avviene poi per 12 mesi, sempre nel vetroceramica.






Particolare e pregiata è anche la bottiglia di vetro di Murano, che presenta una foglia d'oro zecchino applicata a mano al posto dell'etichetta.



Una bottiglia che racchiude in sè l'essenza di Venezia: vino, oro e vetro.  



Analisi sensoriale
"Il vino riflette un colore dorato, ed un'espressione nasale subito speziata, con sensazioni evidenti di camomilla e crema di noce. Al tutto la consistenza è piena e cerosa, con note dominanti di mandorla in armonia con espressioni di mela gialla e miele; in chiusura è leggermente asciutto, e la persistenza è sapida. Al naso, conquistano i ricchi profumi da bianco strutturato. In bocca, sorprendono i sapori da rosso maturo e il ricco estratto secco.
Venissa è un grande vino bianco longevo e quindi perfetto anche da collezione, grazie alla supervisione di un bianchista e un rossista d'eccezione: Desiderio Bisiol, innovativo ed autorevole enologo nelle terre di bianchi, e Roberto Cipresso, esperto di terroir di fama internazionale nelle terre dei rossi."






Oggi il vigneto viene coltivato nel terreno comunale della tenuta murata Venissa a Mazzorbo, che dà il nome a questo pregiatissimo nettare. Sono 2 Ha di terreno adibiti a raccolto: metà a vigneto alle Cantine Bisol di Valdobbiadene; e metà a orti e frutteto, che l'associazione Onlus di Burano ha dato a 10 anziani affinchè lavorassero la terra. I frutti del raccolto vengono in parte tenuti dai coltivatori e in parte dati al ristorante della tenuta, gestito dalla bravissiama chef bellunese Paola Budel.






Ma di questo e della giornata trascorsa al Venissa, ne parlerò prossimamente, nella seconda parte.

To be continued.....







3 commenti:

  1. wow un storia bellissima! deve essere stata una belle ri-scoperta...bel reportage complimenti

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  2. Sì Rosaria, lo è stata, soprattutto perchè inaspettata.
    Grazie mille. Un abbraccio

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