Per i veneziani il 25 aprile è ricorrenza molto più antica dell'attuale festa nazionale.
Vi cade infatti il giorno del Santo Patrono Marco le cui reliquie, che si trovavano in terra islamica ad Alessandria d'Egitto, furono avventurosamente traslate a Venezia nell'anno 828 da due leggendari mercanti veneziani: Buono da Malamocco e Rustico da Torcello.
Si tramanda che per trafugare ai Musulmani il prezioso corpo (l'Islam riconosce e venera a sua volta Cristo e i Santi), i due astuti mercanti lo abbiano nascosto sotto una partita di carne di maiale, che passò senza ispezione la dogana a causa del noto disgusto per questa derrata imposto ai seguaci del Profeta.
Si tramanda che per trafugare ai Musulmani il prezioso corpo (l'Islam riconosce e venera a sua volta Cristo e i Santi), i due astuti mercanti lo abbiano nascosto sotto una partita di carne di maiale, che passò senza ispezione la dogana a causa del noto disgusto per questa derrata imposto ai seguaci del Profeta.
Va ricordato che in quei tempi (e in parte ancor oggi) le reliquie erano un potente aggregatore sociale; inoltre attiravano pellegrini e contribuivano a innalzare il numero della popolazione nelle città, effetto molto importante per un urbanesimo agli albori che stentava ad affermarsi sulle popolazioni prevalentemente rurali.
Ogni reliquia era quindi bene accetta assieme a chi la recava e quella di San Marco lo fu particolarmente a Venezia, in quanto proprio quel Santo, mentre era in vita, avrebbe evangelizzato le genti venete divenendone Patrono ed emblema sotto forma di leone alato.
Alato, armato di spada e munito di un libro sul quale, in tempo di pace, si poteva leggere la frase Pax Tibi Marce Evangelista Meus (Pace a Te o Marco Mio Evangelista); un libro che veniva minacciosamente chiuso quando la spada, anziché cristianamente discriminare il bene dal male, si arrossava di sangue guerriero.
Ogni reliquia era quindi bene accetta assieme a chi la recava e quella di San Marco lo fu particolarmente a Venezia, in quanto proprio quel Santo, mentre era in vita, avrebbe evangelizzato le genti venete divenendone Patrono ed emblema sotto forma di leone alato.
Alato, armato di spada e munito di un libro sul quale, in tempo di pace, si poteva leggere la frase Pax Tibi Marce Evangelista Meus (Pace a Te o Marco Mio Evangelista); un libro che veniva minacciosamente chiuso quando la spada, anziché cristianamente discriminare il bene dal male, si arrossava di sangue guerriero.
La commemorazione è oggi ridotta al solo 25 aprile, data della morte del Santo, ma ai tempi della Serenissima si festeggiava anche il 31 gennaio (dies translationis corporis) e il 25 giugno, giorno in cui nel 1094 dogante Vitale Falier avvenne il ritrovamento delle reliquie del Santo nella Basilica di S.Marco.
Alla celebrazione si associarono col tempo alcune leggende popolari.
Secondo una di queste, durante la fortissima mareggiata che, come narra Marin Sanudo, colpì Venezia nel febbraio del 1340, un barcaiolo riparatosi presso il ponte della Paglia fu invitato a riprendere il mare da un cavaliere. Durante il tragitto verso la bocca di porto, il barcaiolo fece sosta a S.Giorgio Maggiore e poi a S.Nicolò del Lido. Raggiunto il mare aperto, i demoni che spingevano l'acqua verso Venezia furono affrontati e battuti dai tre cavalieri, che altri non erano che i santi Marco, Giorgio e Nicolò.
Sconfitti i demoni, San Marco affidò al barcaiolo un anello, da consegnare all'allora doge Bartolomeo Gradenigo perchè fosse conservato nel Tesoro di San Marco.
In occasione della festa del Patrono i Veneziani usano donare il bocolo (bocciolo di rosa) alla propria amata; sulle origini di questo dono conosciamo due ipotesi leggendarie.
Una riguarda la storia del contrastato amore tra la nobildonna Maria Partecipazio ed il trovatore Tancredi. Nell'intento di superare gli ostacoli dati dalla diversità di classe sociale, Tancredi parte per la guerra cercando di ottenere una fama militare che lo renda degno di tanto altolocata sposa. Purtroppo però, dopo essersi valorosamente distinto agli ordini di Carlo Magno nella guerra contro i Mori di Spagna, cade ferito a morte sopra un roseto che si tinge di rosso con il suo sangue. Tancredi morente affida a Orlando il paladino un bocciolo di quel roseto perché lo consegni alla sua (di Tancredi, non di Orlando) amata.
Orlando fedele alla promessa giunge a Venezia il giorno prima di S.Marco e consegna alla nobildonna il bocciolo quale estremo messaggio d'amore del perito spasimante. La mattina seguente Maria Partecipazio viene trovata morta con il bocciolo rosso posato sul cuore e da allora gli amanti veneziani usano quel fiore come emblematico pegno d'amore.
Secondo l'altra leggenda la tradizione del bocolo discende invece dal roseto che nasceva accanto la tomba dell'Evangelista. Il roseto sarebbe stato donato a un marinaio della Giudecca di nome Basilio quale premio per la sua grande collaborazione nella trafugazione delle spoglie del Santo.
Piantato nel giardino della sua casa il roseto alla morte di Basilio divenne il confine della proprietà suddivisa tra i due figli. Avvenne in seguito una rottura dell'armonia tra i due rami della famiglia (fatto che sempre secondo le narrazioni fu causa anche di un omicidio), e la pianta smise di fiorire.
Un 25 aprile di molti anni dopo nacque amore a prima vista tra una fanciulla discendente da uno dei due rami e un giovane dell'altro ramo familiare. I due giovani si innamorarono guardandosi attraverso il roseto che separava i due orti.
Il roseto accompagnò lo sbocciare dell'amore tra parti nemiche coprendosi di boccoli rossi, e il giovane cogliendone uno lo donò alla fanciulla.
In ricordo di questo amore a lieto fine, che avrebbe restituito la pace tra le due famiglie, i veneziani offrono ancor oggi il boccolo rosso alla propria amata.
Particolare curioso e molto italiano, il bocolo è anche il dono che in quel giorno i figli usano fare alle mamme.
Secondo una di queste, durante la fortissima mareggiata che, come narra Marin Sanudo, colpì Venezia nel febbraio del 1340, un barcaiolo riparatosi presso il ponte della Paglia fu invitato a riprendere il mare da un cavaliere. Durante il tragitto verso la bocca di porto, il barcaiolo fece sosta a S.Giorgio Maggiore e poi a S.Nicolò del Lido. Raggiunto il mare aperto, i demoni che spingevano l'acqua verso Venezia furono affrontati e battuti dai tre cavalieri, che altri non erano che i santi Marco, Giorgio e Nicolò.
Sconfitti i demoni, San Marco affidò al barcaiolo un anello, da consegnare all'allora doge Bartolomeo Gradenigo perchè fosse conservato nel Tesoro di San Marco.
In occasione della festa del Patrono i Veneziani usano donare il bocolo (bocciolo di rosa) alla propria amata; sulle origini di questo dono conosciamo due ipotesi leggendarie.
Una riguarda la storia del contrastato amore tra la nobildonna Maria Partecipazio ed il trovatore Tancredi. Nell'intento di superare gli ostacoli dati dalla diversità di classe sociale, Tancredi parte per la guerra cercando di ottenere una fama militare che lo renda degno di tanto altolocata sposa. Purtroppo però, dopo essersi valorosamente distinto agli ordini di Carlo Magno nella guerra contro i Mori di Spagna, cade ferito a morte sopra un roseto che si tinge di rosso con il suo sangue. Tancredi morente affida a Orlando il paladino un bocciolo di quel roseto perché lo consegni alla sua (di Tancredi, non di Orlando) amata.
Orlando fedele alla promessa giunge a Venezia il giorno prima di S.Marco e consegna alla nobildonna il bocciolo quale estremo messaggio d'amore del perito spasimante. La mattina seguente Maria Partecipazio viene trovata morta con il bocciolo rosso posato sul cuore e da allora gli amanti veneziani usano quel fiore come emblematico pegno d'amore.
Secondo l'altra leggenda la tradizione del bocolo discende invece dal roseto che nasceva accanto la tomba dell'Evangelista. Il roseto sarebbe stato donato a un marinaio della Giudecca di nome Basilio quale premio per la sua grande collaborazione nella trafugazione delle spoglie del Santo.
Piantato nel giardino della sua casa il roseto alla morte di Basilio divenne il confine della proprietà suddivisa tra i due figli. Avvenne in seguito una rottura dell'armonia tra i due rami della famiglia (fatto che sempre secondo le narrazioni fu causa anche di un omicidio), e la pianta smise di fiorire.
Un 25 aprile di molti anni dopo nacque amore a prima vista tra una fanciulla discendente da uno dei due rami e un giovane dell'altro ramo familiare. I due giovani si innamorarono guardandosi attraverso il roseto che separava i due orti.
Il roseto accompagnò lo sbocciare dell'amore tra parti nemiche coprendosi di boccoli rossi, e il giovane cogliendone uno lo donò alla fanciulla.
In ricordo di questo amore a lieto fine, che avrebbe restituito la pace tra le due famiglie, i veneziani offrono ancor oggi il boccolo rosso alla propria amata.
Particolare curioso e molto italiano, il bocolo è anche il dono che in quel giorno i figli usano fare alle mamme.
Nota personale:
Stamattina mio marito si è alzato presto e, al mio risveglio, mi ha fatto trovare il mio bocolo a colazione. ^-^
Questa storia è splendida, grazie per avercela fatta conoscere.Notte, Roby
RispondiEliminaveramente interessante questa storia, non la conoscevo! Grazie! baci
RispondiEliminaE noi veneziani doc continueremo a tramandare queste leggende e il dono del bocolo!
RispondiEliminaRagazze, come dice mary47, noi veneziani ci teniamo molto alle nostre tradizioni e le festeggiamo da secoli senza averne persa per strada nessuna; questa questa è la prima delle tante che vi farò conoscere. :-)
RispondiEliminaOra aggiungo una nota personale molto carina al post.
Buon S.Marco, buon bocolo e buona festa della Liberazione a tutti!
Premio :-)
RispondiEliminaMerci :-)
RispondiEliminagrazie Lory è davvero una storia bellissima che ci dà un pò di calore in questa giornata in cui le riflessioni sulla libertà potrebbero portarci a pensieri non troppo belli...
RispondiEliminaun abbraccio
p.s.
ti linko!
dida
Grazie Dida!
RispondiEliminaUn bacio
bellissima tutta la narrazione!
RispondiEliminatu non sai quanto mi piace stare ad ascoltare/leggere di queste storie, peccato che col tempo tutto si perde... baci e buon 25 aprile.
grazie Lory è una bellissima storia...Tittina
RispondiElimina@ Betty, anch'io mi incanto ad ascoltare e leggere leggende e tradizioni del nostro Bel Paese, per fortuna che a Venezia, data la storia della Serenissima, vengono evocate tutte da secoli.
RispondiEliminaBacioni e buona festa a te, :-)
@ Tittina, grazieeeee e ben ritrovata!
Un abbraccio ed un bacio :-)
non conoscevo niente di tutto ciò,grazie per averci regalato queste leggende e buon bocolo ;-)))
RispondiEliminacomplimenti per il tuo blog e le preparazioni presentate, penso che passerò spesso di qui
RispondiEliminaciaoAlessandra
Grazie per la storia interessante!!! Ciao!!
RispondiEliminaHo conosciuto questa festa a Venezia anche attraverso Il blog Mestolo e paiolo...
RispondiEliminapeccato non esserci stata...
baci
@ astrofiammante e il ramaiolo, sono contenta che vi sia piaciuta. Grazie e buona domenica a voi. :-)
RispondiElimina@ alexs, ti aspetto con piacere ;-)
@ Daniela Stefano è un mio concittadino penso della terraferma, ho visto pure io il suo blog.
Baci :-)
non conoscevo questa bella storia, grazie per avercela raccontata!!!
RispondiEliminaps: che bravo tuo marito: donna fortunata!!! (anche lui però è un uomo fortunato!!)
ciao e buona domenica!!!!
ah, sai che anche io la crema pasticcera la faccio con le tue dosi? solo che io metto due cucciai di farina e uno di maizena-
Grazie dario, ma lo è anche la sciura marisa e sicuramente anche tu, per prepararle tutte quelle squisitezze!!
RispondiEliminaLa tua crema, allora viene più soffice perchè la farina dà più corposità.
Più avanti ne posto una con sola maizena e...superlight ;-)
Alla prossima domenica. :-)
Siamo dello stesso segno... ecco perchè quando ho letto il tuo profilo mi è sembrato di essere in perfetta sintonia con le tue parole!
RispondiEliminaGrazie per la visita! Aspetto l'impasto..Ciao!
Ok, non mancherò! :-)
RispondiEliminaBellissima descrizione,appassionante come un romanzo.
RispondiEliminaNon sapevo niente di tutto questo.
Lo hai descritto alla grande.
Lo metto sul mio blog come una forma d'arte.
ciaooooooo
Roberto
Ciao Lory corri da me c'è un premio per te.....
RispondiElimina@ Roberto, grazie ma le notizie le ho riprese da internet. :-)
RispondiElimina@ Lady Cocca, arrivoooooooooooooo :-)
Un grande tuo marito. Complimenti
RispondiEliminaWow andrea quale onore la tua visita!
RispondiEliminaGrazie! Un abbraccio. :-)
ciao! volevo dirti che ho fatti la tua ricetta dei bussolai e sono super buoni!!! baci Federica
RispondiEliminaCiao, Lory, che bella storia, grazie!
RispondiEliminaUn abbraccio forte,
Luisa.
ciao lorella ,sono lorenzo cipolla,complimenti per il blog !!!ieri sera allo stage di chachacha me ne hai parlato e oggi l'ho subito visitato,ho anche visto le tue foto e alcune tue ricette.non centra niente con la cucina ma complimenti anche per la musica!!!!!ciao lorenzo
RispondiEliminaLory
RispondiEliminabellissima storia
grazie
baci
marina
Grazie Lorenzo sia per i complimenti, che fatti da uno chef hanno un grande valore, che per essere passato qui da me. :-)
RispondiEliminaLa musica è molto diversa da quella che ci fa ballare il sabato sera, :-) questa è quella che mi accompagna da una vita.
Ciao e grazie ancora! :-)
@ Luisa e Marina, frazie ragazze!
RispondiEliminaBacioni :-)
Ehm...volevo scrivere grazie, naturalmente. :-)
RispondiEliminaBellissima storia, grazie di averla condivisa con noi. Buona settimana, ciao
RispondiEliminaGrazie Milù e buona settimana anche a te. :-)
RispondiEliminaCiao Lory, bellissima storia, se passi da me ho un premio per te.
RispondiEliminaGrazie Stefania, passo subito.
RispondiEliminaGrazie. Bacio.